Diciamo la verità, il rialzo dei tassi da parte della Bce era telefonato. Sono settimane che da Francoforte arrivano segnali inequivocabili circa una stretta monetaria, sotto forma di aumento del costo del denaro. E alla fine è successo. Ma forse, quello che i mercati non si aspettavano, è l'assordante silenzio da parte dell'Eurotower sulla possibilità di intervenire in futuro qualora i rendimenti sui titoli sovrani e di conseguenza gli spread, sfuggissero di mano. L'ombrello, soprattutto per l'Italia, al momento si è chiuso e non è dato sapere se si riaprirà, vale a dire se in caso di crisi del debito, la Banca centrale ricomincerà a rastrellare titoli pubblici, sostenendo il debito. Per il momento, con i rendimenti sul Btp decennale al 3,8%, ieri punta di giornata, finanziare il terzo debito sovrano al mondo costa decisamente di più. Lo sanno i mercati e lo sanno gli investitori, le cui vendite hanno trascinato al ribasso Piazza Affari, fino a farle perdere il 5,17%, a ridosso della chiusura. Lo spread Btp/Bund, invece, ha sfondato in mattinata quota 230 punti base, per poi chiudere a 234 punti. E, da ieri, lo sanno anche le famiglie e le imprese, visto che la magnitudo delle decisioni della Bce, un primo aumento di 25 punti base tra qualche settimana con un possibile bis a settembre di 50 punti, si è propagata velocemente al settore finanziario retail, vale a dire mutui e prestiti.
Con il consiglio direttivo di Amsterdam è infatti finita l'era dei mutui a costo quasi zero. Se ne è accorto già negli ultimi mesi chi chiedeva un nuovo finanziamento e si è visto offrire un tasso più alto di quelli concessi l'anno scorso. Ovviamente più cari saranno anche i prestiti personali o la rateizzazione delle spese. Fino ad oggi le aziende, soprattutto Pmi, hanno avuto vita più semplice potendo contare su prestiti a tassi molto bassi, in alcuni casi ottenuti con garanzie statali e con scadenze prorogate grazie alle moratorie introdotte dal governo per mitigare gli effetti del Covid sull'economia. Da luglio tutta l'operazione sarà più costosa, perché le rate dei prestiti saranno più alte. E adesso? Per l'Italia il problema c'è, perché non solo costa di più finanziare il debito e si appesantiscono le rate legate agli impieghi, ma il Paese è molto più esposto alle possibili tempeste finanziarie future. Se poi, come ha fatto sapere Bankitalia, il Pil comincia a perdere colpi (+2,6% la stima per il 2022), allora la questione diventa seria, perché si innesca un problema di fiducia.
Lo sa bene Enrico Letta, leader del Pd. «L'aumento dei tassi e la politica della Bce è sicuramente in questo senso un campanello d'allarme, è molto importante che come conseguenza di quanto sta succedendo, l'instabilità che c'è sui mercati che rischia di penalizzare noi che abbiamo un debito più alto, che noi acceleriamo sulle riforme. C'è bisogno di accelerare sulle riforme, sul ddl concorrenza, sulle altre grandi deleghe, c'è bisogno che la risposta dell'Italia sia la risposta di un Paese che sa che non può permettersi di non fare le riforme economiche importanti che servono a dimostrare che siamo un Paese competitivo».
2024-11-06 09:03:43