(Adnkronos) - "A quanto pare, si annuncia una massiccia diserzione dalle urne, quest'oggi. Purtroppo. Naturalmente c'è sempre la speranza che la saggezza degli elettori sia più forte del loro malumore, e che lo scetticismo dei sondaggisti non sia proprio così profetico. Ma tutto invece lascia credere che i cinque quesiti sulla giustizia siano destinati a coinvolgere non più di un terzo dei cittadini. Fosse così, sarebbe un'altra debacle. L'ennesima degli ultimi anni.
Si spera sempre di sbagliare, in questo genere di previsioni. Ma va detto che lo scetticismo di queste ultime ore trova un certo riscontro nel clima distratto e svagato con cui ci si è predisposti all'appuntamento. Gli organi di informazione non hanno dato quasi nessuno spazio all'argomento (a cominciare, colpevolmente, dalla Rai). La gran parte delle forze politiche se ne è largamente disinteressata. E quei pochi che s'erano dati da fare per raccogliere le firme (i radicali, prima di tutto; e poi Salvini, Renzi e qualche sparuto notabile del Pd) non sono sembrati sufficienti a travolgere il partito dell'astensione. O per meglio dire, della diserzione.
Dovesse andare così, ci sarebbe da riflettere - e molto. Infatti i referendum hanno accompagnato, nel bene e nel male, un lungo tratto della nostra storia democratica. Hanno suscitato passioni e controversie. Hanno acceso gli animi secondo un costume plebiscitario che alla maggior parte delle forze politiche non è mai piaciuto più di tanto, ma che in compenso ne ha riempito i vuoti e alle volte risvegliato le coscienze.
Fin dai tempi di Pannella e del divorzio, e poi via via cavalcando gli argomenti più disparati e le opinioni meno ortodosse, la raccolte delle firme per chiedere agli elettori un si o un no, pronunciati quasi stentoreamente, in presa diretta, senza sfumature, è stata il pepe sparso a piene mani sulla coda della nostra democrazia rappresentativa. Il rimedio, qualche volta troppo estremo, alle sue complicazioni e lungaggini. Come se di tanto in tanto entrasse in funzione il motore di riserva, una volta che il motore principale (e cioè i partiti) accennava a perdere colpi.
Su quell'ottovolante sono via via saliti in tanti -prima o poi quasi tutti. I cattolici più intransigenti contro il divorzio e contro l'aborto. I radicali a favore del divorzio, dell'aborto e della fecondazione assistita. I socialisti craxiani a favore della responsabilità civile dei magistrati. I comunisti berlingueriani contro la riforma della scala mobile. I democristiani di Segni contro la proporzionale (e contro la Dc, in fondo). Gli ambientalisti contro il nucleare. E ancora, i radicali contro parti dell'apparato dello Stato. Fino al tentativo, da ultimo, di affidare al plebiscito popolare la decisione sulla liberalizzazione delle droghe leggere e quella, delicatissima, sul diritto all'eutanasia. Decisioni bloccate, tutte e due, dalla Corte costituzionale.
Ma alla fine, anche questa giostra sembra essersi fermata. E l'illusione che chiamando i cittadini a esercitare il loro potere nel modo più immediato si potessero sanare le ferite della democrazia rappresentativa si è rivelata progressivamente sempre più vana. Come se quei due modi di esprimersi, apparentemente agli antipodi -e cioè la delega ai partiti e il plebiscito sui singoli temi- dovessero venire infine accomunati da una diffusa sfiducia che non sa più distinguere tra una modalità e l'altra. E agli uni rimprovera l'eccesso della loro complicazione e agli altri dichiara di non credere più nel valore della loro semplificazione.
Ora, non si vorrebbe drammatizzare un voto che magari sarà più massiccio di quanto non si preveda. Ma è un fatto ormai che da un appuntamento all'altro, da un turno elettorale a quello successivo, ci troviamo a fare i conti con un moto di delusione e con un istinto di disimpegno che non risparmiano quasi più nessuno. Non è un buon segno per le sorti della nostra democrazia, comunque la si pensi".
(di Marco Follini)
2024-11-06 03:04:46