L'ennesimo inasprimento delle sanzioni dell'occidente verso la Russia, impone approfondimenti e riflessioni, non tanto sulla loro tipologia, ma sugli effetti che possono spingere Putin a rivedere le sue posizioni. Fin ora le ricadute negative sui russi sembrano aver colpito poco le decisioni dello Zar del 21° secolo, d'altronde quel che gli interessa essenzialmente riguarda le reazioni alle strette che stanno subendo le popolazioni di Mosca e Pietroburgo, territori che incidono per ben oltre il 60% perla realizzazione del Pil russo, prodotto entro confine e sul totale, compreso export per 25%. Sicuramente un calo previsto di oltre il 12, forse 15% del Pil, non può non aver inciso in misura rilevante sulla qualità della vita degli abitanti delle due metropoli, mentre per il resto del Paese, vista la già scarsa qualità, l'incidenza potrebbe essere molto meno visibile e pressante. Il problema che però va posto all'attenzione dei decisori politici occidentali riguarda il futuro prossimo, ovvero se si sta già pensando al dopo conflitto e a quale rapporto si possa puntare non solo con la Russia, ma anche con la Cina e l'India, i due maggiori giganti globali, dopo gli Usa, con la Cina che è ormai pari agli Stati Uniti e l'India che entro 2-3 lustri sarà in forte avvicinamento ai primi due.
L'incidenza della connessione nel mondo globale, i commerci e i reciproci interessi nel farli funzionare per offrire alle singole nazioni ritorni positivi per le proprie popolazioni, debbono spingere ad evitare di dover ridisegnare completamente l'ordinamento mondiale, ben sapendo che una parte dell'attuale situazione deve essere salvaguardata. La prima ad avere necessità che non si spostino più di tanto gli attuali equilibri è l'Europa, la quale in difetto di materie prime e in eccesso di qualità della vita, ben più ampia e diffusa che in Cina, Russia, India, non può certo permettersi di doversi assoggettare alle pretese della Cina oggi e un domani anche dell'India. Non è un caso che a pagare le maggiori conseguenze della precarietà della situazione di guerra e delle sanzioni è proprio il vecchio Continente, con la parte meridionale, Italia, Spagna, Portogallo e Grecia, a poterne diventare un vero duraturo ventre molle. Il pil Europeo percentualmente si forma per oltre il 60% grazie alle nazioni del Nord, Francia compresa. La percentuale prodotta dei Paesi meridionali è pari a circa al 17% con i 4 Stati citati che hanno debiti pubblici superiore del 120% per iberici e lusitani, di oltre il 150 % per noi e di ben 207% per i greci.
Numeri che parlano da soli e che in prospettiva si sarebbero modificati in maniera insignificante già con l'ordinamento mondiale precedente, figurarsi con uno in cui la Cina alla pari degli Usa, e in prospettiva di medio termine dell'India, dominanti, con Germania Francia che trovano accordi pro domo loro e briciole per il resto dell'Europa. Sono sempre i numeri che impongono una provvida accelerazione dei negoziati per la fine del conflitto, importante capire come trattare la Russia, pur stringendola nell'angolo. Guai a pensare che l'intera Europa improvvisamente diventi uno stato unico federale, che le sostanziali differenze di bilancio, scompaiano e virtuosi comprendano gli allegri, cioè i meridionali, e compensino i passivi. L'Ucraina va aiutata e ricostruita ma a farlo saranno americani, tedeschi e francesi e in rapporto all'agire cinesi, a noi resteranno le briciole.
2024-11-06 12:01:54