Ospite in studio a “Otto e mezzo”, programma di approfondimento giornalistico di La7, il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri ammonisce senza tanti giri di parole sulla destinazione delle armi che l'Occidente sta inviando in Ucraina: “Gli armamenti non sono tracciabili. Quello che è successo in Bosnia, può ripetersi nel Paese che la Russia sta aggredendo. A chi vanno le nostre armi?”. Una guerra lunga e logorante può essere un boccone allettante per la mafia? Il quadro di ciò che si potrebbe prospettare all'indomani dello scontro tra forze russe e ucraine è poco chiaro ma di sicuro preoccupante.
Chiamato a intervenire nel corso della puntata di martedì 24 maggio, Nicola Gratteri, procuratore antimafia con alle spalle una carriera invidiabile, più sulla carta che nella concretezza di una vita costantemente minacciata da attentati e intimidazioni, ha fatto il punto sulle ripercussioni che il conflitto in Ucraina (ormai giunto al suo novantesimo giorno) ha sui progetti della criminalità organizzata: “La guerra non può essere un affare importante, una grande opportunità per le mafie. Dopo il conflitto nell'ex Jugoslavia, la ‘Ndrangheta ha comprato molte delle armi che circolavano indisturbate”.
Il magistrato ha allora usato parole esplicite e ha offerto un paragone con un'altra pagina critica della storia dell'Europa: “Il mercato nero delle armi esiste ancora. In Bosnia, ogni famiglia nucleare ha il suo arsenale. Dopo la guerra nell'ex Iugoslavia, le mafie, le organizzazioni criminali, andavano in Bosnia, in Montenegro, e un kalashnikov costava 750 euro. Subito dopo la guerra, ogni famiglia aveva 4/5 kalashnikov, due bazooka, dieci chili di plastico C3 e C4”. Poi la domanda secca: “Chi dice che questo non possa ripetersi?”. Gratteri ha chiarito quanto il traffico delle armi sia allarmante: “Queste usate dagli ucraini sono armi più sofisticate, sono armi pesanti. A prezzi stracciati, sono facilmente acquistabili. Dobbiamo stare attenti, però: non sono tracciabili. A chi le stiamo inviando?”.
2024-11-09 00:11:40