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Matteo Salvini, un clown triste e sconfitto


Link [2022-03-09 09:53:08]



Nella vita ci sono le occasioni. Il senatore Salvini, in circostanze ormai più che imbarazzanti, ne ha ora una. Si è ficcato dove non doveva, con un atto benevolente ma plateale, esibizionistico, al confine tra Polonia e Ucraina. Confidente nel messaggio su “aiuti e pace”, sfacciato, ha preso posto dopo un viaggio di propaganda pacifista vicino a un sindaco polacco al quale chiedeva un pass per la sua nuova identità di partigiano della pace a due passi da chi ha scatenato la guerra in Europa, e questi gli ha rinfacciato la maglietta con il volto idolatrato di Putin, gliela ha lasciata sul microfono del piccolo podio comune con un gesto raro di disprezzo e di castigo e lo ha abbandonato ai suoi balbettamenti e ai suoi pensieri affranti di reietto della comunità internazionale. A questo punto non ha più senso per lui, verso il quale sarebbe anche assurdo nutrire sentimenti meschini di vendetta, insistere. Uno sputtanamento così radicale richiede misure estreme. 

 

L’occasione di Salvini è semplice. Ha agito con dabbenaggine, in considerazione piccina del suo interesse di leader rampante del populismo all’italiana, nei confronti di Putin, non con ragionamenti o opzioni politiche ma con il tifo aperto. Ci ha richiamati all’ammirazione per quel tipo d’uomo forte e di potere forte, nei giorni in cui preparava la sua non ricevuta richiesta di pieni poteri per la russificazione politica del governo italiano sulla scia dei Trump e dei Giuliani. A Roma si dice che questi non sono fiaschi che si abbottano. Si possono fare mille giravolte, e si verrà perdonati in nome del realismo, ma non questa: usare sé stessi una volta come simboli di russificazione armata della politica e una volta come colombe della pace presso un confine di dolore in cui si sono rifugiati un milione e duecentomila ucraini, vecchi donne e bambini, in una sola settimana, non è nemmeno tragico o intollerabile, è ridicolo. Se non vuole essere inchiodato alle puntualizzazioni atroci sul suo passato di groupie del capo russo, se vuole riconquistare un minimo di dignità e praticabilità politica, specie in virtù del sospetto documentato che lo scambio morale e materiale con il Cremlino abbia avuto ragioni materiali forti, tra le meno nobili, Salvini dovrebbe imboccare una nuova strada.

Sarà dura ritrovare un barlume di credibilità psicologica e etica, dopo questa performance così disinvolta, che impallidisce rispetto alla riscoperta dell’Europa e di Draghi in clima di unità nazionale trasfigurante. L’unico modo di provarci non è una nuova giravolta o battersi il petto, ma esporsi senza pietà per la propria immagine pubblica. Il senatore dovrebbe raccontare per filo e per segno, in termini anche privati e di coscienza, che cosa può essere di devastante, specie per un giovane leader alla ricerca del potere, il perseguimento a ogni costo di una popolarità losca, quanto ci sia di sciocco e prepolitico, di narcisistico e illusorio, in quell’andare e venire tra piazza Rossa e hotel Metropol, fino al viaggio fatale ai confini dell’orrore. Dovrebbe finalmente mostrare un volto che non alluda alla stima infinita di sé, e della sua sciagurata disinvoltura e dabbenaggine, un volto che non sia balbettante come le parole inceppate e la fuga di lato davanti allo scandalo. Dovrebbe dirci che ha finalmente capito non già chi è, il che è sempre misterioso anche per il titolare dell’identità, ma chi è voluto apparire e perché. Solo a questo patto, senza dimenticare, gli sarà consentito di recuperare con fatica uno spazio di persona diverso da quello di un clown triste e sconfitto dalle sue stesse smorfie.



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